SOLARIS, 2011/2021

       Below the description (eng/ita)

August 2011, Russia. Togliatti is a city overlooking the Volga river, 800 km east of Moscow: here I was invited, together with a photographer friend of mine, to hold workshops and for some photography exhibitions of our own, my work “Dream in a Mirror“.
After a few days the organizers took us to the umpteenth inauguration along with Russian authors in order to visit the exhibition and comment on it onto the local journalists.
This time, however, the exhibition venue did not leave me cold like the previous ones. It was an artist’s society venue called Solaris, in honor of an old Tarkovski movie.
The first floor in this sort of slum was used to host artistic events and exhibitions, whilst the second floor lodged the artists: it was their home, their laboratory, their inspiration place.
This crumbling place intrigued me so much that I asked the organizers to be taken there once more: I wanted to know those people, have the possibility to speak with them, and to shoot them.
It was not the first time that I could visit the house of an artist in Russia, but this place was peculiar, so much different from all the other ones I had seen till then.
The day after I was again at the “Solaris” and I was introduced to the artists: they were all painters, I had a long chat with them. I spoke…in a manner of speaking…none of them could actually speak English, therefore we expressed ourselves with gestures, drawing and using the most common Italian and English words.
I was offered tea, biscuits, and a bag full of little apples from their trees to take home.
I didn’t know why, but they looked at me as if I came from another planet! Those artists even wanted to save the sheets of paper I had drawn on to express some concepts to them. They were humble people who lived in poverty and very unhygienic conditions, perhaps in a shack which was never cleaned up. But in those evil-smelling rooms something drifted through the air, something mysterious that captivated me, hard to say what, precisely.
After about an hour I asked them to take them some shots: I shot these pictures in half an hour before leaving. They vaguely represent that experience, the sensations I felt in there with those people , who lived off of their art, passing their days painting in the hope that somebody would buy their works during the exhibitions organized by the artist’s society. Before I left I was given little presents, some of them gave me their pieces of art.
One of them let me understand this: “I give you my painting, thus I will be honored that my work is in Italy”.
But I didn’t just take home this, I also took home their splendid humility and generosity that I will hardly forget!

This work I took photos in 2011, but I only realized it in 2021. Because I was missing something to be able to close it. I lacked the way to make it more material and closer to the subject itself through not only the style I used to make the photographs, but also its physical representation.
Some time ago I discovered the ancient printing techniques. Including the one called salty paper, that of W.F. Talbot, the oldest of the techniques.
When I was able to try it and find the chemical combinations that pleased me most, I realized that this was what I was looking for to complete “Solaris”. A technique very close to painting, raw, organic, but at the same time very delicate, sensitive to every slightest variation and therefore complicated to obtain.

 


 

Agosto 2011, Russia. Togliatti è una città affacciata sul fiume Volga, 800 km a est di Mosca: qui sono stato invitato, insieme ad un mio amico fotografo, a tenere workshop e per alcune mostre fotografiche nostre, il mio lavoro “Dream in a Mirror”.
Dopo pochi giorni gli organizzatori ci hanno accompagnato all’ennesima inaugurazione insieme ad autori russi per visitare la mostra e commentarla con i giornalisti locali.
Questa volta, però, la sede espositiva non mi ha lasciato indifferente come le precedenti. Era un locale della società di artisti chiamato Solaris, in onore di un vecchio film di Tarkovski.
Il primo piano di questa sorta di baraccopoli era utilizzato per ospitare eventi artistici e mostre, mentre il secondo piano ospitava gli artisti: era la loro casa, il loro laboratorio, il loro luogo di ispirazione.
Questo luogo fatiscente mi ha incuriosito così tanto che ho chiesto agli organizzatori di essere portato lì ancora una volta: volevo conoscere quelle persone, avere la possibilità di parlare con loro, e di fotografarle.
Non era la prima volta che potevo visitare la casa di un artista in Russia, ma questo posto era particolare, molto diverso da tutti gli altri che avevo visto fino ad allora.
Il giorno dopo sono stata di nuovo al “Solaris” e mi sono presentata agli artisti: erano tutti pittori, ho fatto una lunga chiacchierata con loro. Io parlavo…per modo di dire…nessuno di loro parlava effettivamente inglese, quindi ci siamo espressi a gesti, disegnando e usando le parole italiane e inglesi più comuni.
Mi è stato offerto tè, biscotti e un sacchetto pieno di mele dai loro alberi da portare a casa.
Non sapevo perché, ma mi guardavano come se venissi da un altro pianeta! Quegli artisti volevano persino salvare i fogli di carta su cui avevo attinto per esprimere loro alcuni concetti. Erano persone umili che vivevano in condizioni di povertà e molto antigieniche, forse in una baracca mai ripulita. Ma in quelle stanze maleodoranti qualcosa aleggiava nell’aria, qualcosa di misterioso che mi affascinava, difficile dire cosa, con precisione.
Dopo circa un’ora ho chiesto loro di fare qualche scatto: ho scattato queste foto in mezz’ora prima di partire. Queste immagini rappresentano vagamente quell’esperienza, le sensazioni vissute li’ dentro con queste persone, che vivevano solo della loro arte, passando le loro giornate a dipingere nella speranza di vendere qualcosa nelle mostre organizzate dal circolo. Prima di andarmene mi fecero anche dei regali, alcuni di essi mi donarono le loro opere.
Uno di loro mi ha fatto capire questo: “Ti regalo il mio quadro, così sarò onorato che il mio lavoro sia in Italia”.
Ma non ho portato a casa solo questo, ho portato a casa anche la loro splendida umiltà e generosità che difficilmente dimenticherò!

Questo lavoro l’ho fotografato nel 2011, ma l’ho realizzato solo nel 2021. Perché mi mancava qualcosa per poterlo chiudere. Mi mancava il modo per renderlo più materico e più vicino al soggetto stesso attraverso non solo lo stile che usavo per realizzare le fotografie, ma anche la sua rappresentazione fisica.
Tempo fa ho scoperto le antiche tecniche di stampa. Compreso quello chiamato carta salata, quello di W.F. Talbot, la più antica delle tecniche.
Quando ho potuto provarlo e trovare le combinazioni chimiche che più mi piacevano, ho capito che era quello che cercavo per completare “Solaris”. Una tecnica molto vicina alla pittura, grezza, organica, ma allo stesso tempo molto delicata, sensibile ad ogni minima variazione e quindi complicata da ottenere.